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Cineforum> Rubriche> Approfondimenti> Dario Argento - 2° parte
Dario Argento
Naro a Roma il 7 settembre 1940
Regista, sceneggiatore, produttore

Filmografia essenziale:
1985 Phenomena
1982 Tenebre
1977 Suspiria
1975 Profondo rosso
1971 Quattro mosche di velluto grigio
1970 L'uccello dalle piume di cristallo


Articolo:
-1° parte
-2° parte
Dario Argento (seconda parte)
(segue)

Opera
Il 1987 è un anno piuttosto difficile per Dario, che deve affrontare la scomparsa di suo padre Salvatore, avvenuta il 19 Aprile, e i problemi di casting legati alla sua nuova fatica dal titolo “Opera”, incentrata sulla vicenda di una giovane e talentuosa soprano di nome Betty che viene chiamata a sostituire una sua collega, vittima di un incidente, alla prima del Macbeth di Giuseppe Verdi. La performance di Betty è strabiliante, ma quella sera stessa, dopo lo spettacolo, la giovane viene aggredita da un individuo che, oltre ad aver ucciso alcuni addetti dietro le quinte del teatro, la costringe, piazzandole delle lamette sopra e sotto le palpebre per impedirle di chiudere gli occhi, ad assistere all’omicidio del suo fidanzato.
Di lì a poco, altre morti si susseguono, e il killer è sempre più ossessionato da Betty e, a questo punto, la polizia non può fare altro che affidarle un agente per proteggere la sua incolumità; l’uomo che si presenta a casa sua, però, pare non avere buone intenzioni…

Inizialmente il ruolo della protagonista fu affidato a Giuliana De Sio, che venne poi scartata dallo stesso Argento, il quale affidò la parte alla giovane e meno nota attrice spagnola Cristina Marsillach; per gli altri ruoli, invece, il regista puntò ancora una volta (la sesta) su Daria Nicolodi, a cui seguono Ian Charleson, Urbano Barberini, Carolina Cataldi Tassoni, William McNamara, Barbara Cupisti e Sebastiano Somma in un piccolo ruolo.

Permangono anche in questo caso molti dei temi e dei caratteri molto cari a Darione, tra cui un certo e raffinato gusto per la messa in scena e la sperimentazione di diverse tecniche di ripresa, tra cui i piani sequenza iniziali dentro il teatro che fungono da soggettiva del killer e la sequenza del volo del corvo che colpisce il volto dell’assassino. Uno degli aspetti più rilevanti della pellicola sono proprio i corvi, che popolano il teatro nel quale si svolgono gli spettacoli e sveleranno poi l’identità dell’omicida, e sono inoltre parte del gusto ossessivo e perverso che, qui per l’ultima volta, Argento riesce a mantenere vivo.

I giudizi da parte del pubblico e degli addetti ai lavori si dimostrano discordanti: c’è chi vede lo stile di Argento ormai scaduto nel qualunquismo, nella banalità e nella comicità involontaria, mentre c’è chi ancora riesce a percepire il voyeurismo dell’autore che, nei lontani anni ’70, rivoluzionò per sempre il genere thriller e horror. Ad ogni modo, “Opera” resta un film impregnato di un fascino indiscusso (merito anche della bella fotografia di Ronnie Taylor), che si diverte a giocare con lo spettatore attraverso sontuose inquadrature e tocchi di stile, che rappresentano inoltre una sentita dichiarazione d’amore del regista nei confronti del teatro e delle opere classiche dell’800, che fanno da sfondo, naturalmente, ad una rappresentazione macabra e perversa, assolutamente non fine a se stessa, che farà sicuramente impazzire gli amanti del gore.

La sceneggiatura di La chiesa
L’anno successivo torna nuovamente in veste di produttore e sceneggiatore (insieme al fedele Franco Ferrini, Dardano Sacchetti e Lamberto Bava) del film “La chiesa”, opera seconda di Michele Soavi, che tra l’altro è stato suo assistente per “Tenebre” e regista della seconda unità di “Opera”.

Due occhi diabolici
Arriviamo così al 1990, e la fama di Argento come maestro assoluto del thriller italiano e uno dei maggiori cineasti di genere degli ultimi trent’anni è ormai consolidata, al punto che quest’ultimo, insieme al grande George A. Romero (conosciuto anche come ‘Papà Zombie’), per il quale aveva già collaborato in qualità di compositore insieme ai Goblin della colonna sonora del cult “Dawn of the Dead” (1978), decide di girare un lungometraggio a quattro mani dal titolo “Due occhi diabolici” (“Two Evil Eyes” in originale), di produzione quasi interamente statunitense.

Il film, che in origine, oltre ad Argento e Romero, doveva essere diretto anche da John Carpenter e Wes Craven, altri due nomi importantissimi nella storia del cinema horror, rappresenta un omaggio al grande scrittore Edgar Allan Poe (1809 – 1849), difatti i due episodi che compongono la pellicola (‘Fatti nella vita del Signor Valdemar’ e ‘Il gatto nero’), si ispirano a due omonimi racconti dello scrittore.

Il primo episodio, diretto da Romero, è incentrato perlopiù sui medesimi argomenti da lui trattati in quasi tutta la sua filmografia: gli zombi, ovviamente; mentre il secondo, firmato Argento, si concentra ancora una volta sulle ossessioni e perversioni tanto care al regista che, come nel caso di Romero, hanno contribuito a rendere i suoi film unici e speciali.

Tra il pubblico e la critica c’è una netta divisione: difficilmente si trovano pareri da entrambe le parti che elogiano ambedue gli episodi; molti elogiano l’episodio di Romero e stroncano quello di Argento, e altrettanti fanno l’esatto opposto. In ogni caso, “Due occhi diabolici” è un progetto che non infierisce (né positivamente né negativamente) nella filmografia dei due registi, ma c’è comunque chi sostiene che ‘Il gatto nero’ abbia tutte le carte in regola per essere considerato l’ultimo vero capolavoro Argentiano.

Trauma
Dopo aver sceneggiato insieme a Gianni Romoli e Michele Soavi e prodotto “La setta”, opera terza dello stesso Soavi, nel 1993, con “Trauma”, ha ‘ufficialmente’ inizio la ‘parabola discendente’ del grande Darione.

Girato interamente negli Stati Uniti e interpretato dalla stessa figlia del regista: la famosa Asia Argento, all’epoca solo 18enne, “Trauma” è la storia di una giovane ragazza anoressica che una sera assiste all’omicidio per mano di un maniaco dei suoi genitori. Insieme a un giornalista che poco prima l’aveva salvato dal suicidio, cercherà di mettersi sulle tracce dell’assassino…

Il film è stato accolto in modo piuttosto freddo sia in America che in patria, risultando il primo vero fiasco artistico di Argento, a causa, oltre che di una sceneggiatura (come di consueto) non impeccabile, anche di un cast che si mantiene su livelli non eccelsi, soprattutto la protagonista, Asia Argento, non certo nota per il suo talento recitativo. Tuttavia, Darione la riconferma nuovamente nel cast della sua successiva pellicola dal titolo “La sindrome di Stendhal”, girata a Firenze nel 1996.

La sindrome di Stendhal
La ‘sindrome di Stendhal’ è un particolare disturbo psicosomatico presente in quei soggetti che, quando si trovano di fronte a opere d’arte di straordinaria bellezza (soprattutto quelle presenti nella Galleria degli Uffizi di Firenze, luogo dove è ambientato il film) vengono afflitti da un forte senso di disagio che spesso provoca loro lo svenimento.

Ora, il tema in questione poteva essere più che interessante, ma ne viene fuori un pasticcio. Ancora una volta, le principali cause sono due: la sceneggiatura e il cast.

La narrazione è confusionaria e ben poco coinvolgente, non ci sono particolari guizzi che possano scuotere lo spettatore e le uniche sensazioni che predominano durante tutto il film sono, purtroppo, la noia e lo sconforto, e non basta il ritorno alle musiche di Ennio Morricone a risollevare l’atmosfera.

Il fantasma dell'Opera
Dopo aver collaborato l’anno successivo alla produzione e al soggetto di “M.D.C. – Maschera di cera”, opera prima del genio degli effetti speciali Sergio Stivaletti, arriva nel 1998 il terzo tonfo consecutivo con “Il fantasma dell’Opera”, ennesimo adattamento del celebre romanzo di Gaston Leroux.

Se “Trauma” e “La sindrome di Stendhal” erano da considerare un netto capitombolo nella filmografia di Argento, “Il fantasma dell’Opera” è sicuramente qualcosa di peggio.
Non c’è un solo aspetto che si salvi, e ormai, nonostante sia evidente che lo stile abbia perso quasi tutto il suo fascino e il suo virtuosismo, viene quasi spontaneo supporre che la presenza nel cast di Asia Argento sia probabilmente una delle cause principali di questi fallimenti, sia artistici che commerciali.

Non ho sonno
Tre anni più tardi, nel 2001, la carriera di Darione riesce finalmente ad avere una svolta e un riscatto da quelle che sono state, negli ultimi anni, le sue prove registiche più deludenti.
Arriva così “Non ho sonno”, che segna il ritorno di Argento al genere cinematografico che lo ha imposto come nuovo maestro della paura: il giallo.

Il film, ambientato a Torino nell’anno 2000, segue le vicende del commissario Ulisse Moretti che 17 anni prima indagava sul caso di omicidio della madre di un ragazzo di nome Giacomo Gallo. Oggi, nuovi delitti si susseguono nelle strade della città e, a primo impatto, sembrano tutti collegati a quelli avvenuti esattamente 17 anni prima compiuti probabilmente da un killer soprannominato ‘il nano assassino’, il cui corpo, però, è stato trovato privo di vita in un fiume parecchio tempo fa.
Il commissario e Giacomo si mettono quindi sulle tracce dell’assassino, che compie delitti seguendo i versi di una filastrocca i cui protagonisti sono degli animali…

Scritto dallo stesso regista in collaborazione con Franco Ferrini e con il noto giallista Carlo Lucarelli, “Non ho sonno” presenta, secondo molti, diverse analogie con “Profondo rosso”, cult assoluto della filmografia Argentiana, e pur non essendo un giallo di levatura eccelsa, riesce comunque a coinvolgere e a mantenere un certo livello di tensione. L’elaborazione delle sequenze degli omicidi è ben congeniata, e il cast può contare sulla presenza di un mostro sacro come Max Von Sydow, attore olandese noto soprattutto per aver interpretato il ruolo di Padre Merrin nel leggendario horror “L’esorcista” (1973), che qui veste i panni del commissario Moretti, affiancato da Stefano Dionisi, Chiara Caselli, Gabriele Lavia, Roberto Zibetti, Paolo Maria Scalondro e Rossella Falk.

Sebbene la qualità del film sia visibilmente superiore a quella degli ultimi tre prodotti di Argento, tra pubblico e critica ci sono pareri tutt’altro che concordi, e ben pochi giudizi entusiastici. Molti ci vedono solo banalità, mentre altri, pur non considerandolo un capolavoro, riescono comunque ad apprezzarlo.
Ad ogni modo, la pellicola riceve due nomination ai Nastri d’Argento per il montaggio di Anna Rosa Napoli e per la colonna sonora curata dai mitici Goblin, sicuramente uno degli aspetti più validi.

Il cartaio
Dopo questa seppur leggera ripresa, nel 2004 Darione torna nuovamente dietro la macchina da presa con la sua opera n. 16: “Il cartaio”, mantenendosi ancora sul thriller tradizionale.

Al centro della vicenda c’è un serial killer che rapisce giovani donne, dopodiché sfida la polizia a partite di video poker on-line e, nel caso dovesse vincere quest’ultima, ‘il cartaio’, così si fa chiamare, lascerà libera la vittima mentre, nel caso vincesse quest’ultimo, la ragazza verrà barbaramente trucidata.

Senza minimamente indugiare, la pellicola viene pesantemente stroncata, non solo dalla critica e dal pubblico, ma persino da gran parte dei fedelissimi fan del regista, e non ci ha messo molto “Il cartaio” ad acquisire la fama di ‘film più brutto mai realizzato da Dario Argento’.

Al di là di queste affermazioni, “Il cartaio”, pur non essendo assolutamente una pellicola memorabile, conserva comunque un pizzico di dignità e di coinvolgimento nella storia che erano del tutto assenti nei ben peggiori “La sindrome di Stendhal” e “Il fantasma dell’Opera”. Tuttavia, sono veramente pochi gli aspetti perlomeno salvabili, dato lo scarso livello recitativo del cast (Stefania Rocca, Liam Cunningham, Silvio Muccino, Claudio Santamaria…), l’imbarazzante sceneggiatura, la poca cura nella strutturazione delle sequenze macabre e un finale davvero telefonato e ben poco credibile.

Le serie televisive Ti piace Hitchcock? e Masters of Horror
Nel 2005 lo vediamo di nuovo al lavoro, questa volta, però, con un prodotto destinato esclusivamente al mercato home video; si tratta di “Ti piace Hitchcock?” (Do You like Hitchcock?).
Originariamente concepito come episodio pilota di una serie televisiva di 8 episodi (poi mai realizzata), il film, interpretato da Elio Germano, è un thriller leggero che non influisce più di tanto nella filmografia di Argento, e non lo risolleva dal grigiore creativo che lo accompagnato durante questi ultimi anni.

Nello stesso anno, tenendosi ancora distante dall’ambiente cinematografico, partecipa alla realizzazione della prima stagione della serie televisiva americana “Masters of Horror”.
Insieme a mostri sacri quali John Carpenter, Tobe Hooper, Joe Dante, John Landis e Mick Garris, Argento dona il suo contributo con l’episodio dal titolo “Jenifer – Istinto assassino”, e nel 2006 partecipa alla seconda stagione con “Pelts – Istinto animale”.

La terza madre
Il 23 ottobre 2007 presenta alla 2a edizione della Festa del Cinema di Roma il terzo ed ultimo capitolo della ‘trilogia delle tre madri’, dall’emblematico titolo de “La terza madre”, e il 31 ottobre il film esce finalmente nelle sale.

L’accoglienza del pubblico e della critica, purtroppo, non si dimostra particolarmente entusiastica, e in effetti la qualità della pellicola non si può definire pregiata. È ormai acclarato il fatto che Argento ha perso molto del suo stile raffinato e visionario che lo ha reso uno dei più importanti cineasti di genere a livello internazionale, e i motivi che lo hanno spinto a realizzare, negli ultimi 15 anni, opere di levatura così scarsa rimangono tuttora ignoti. Ad ogni modo, “La terza madre”, salvo la presenza nel cast di Asia Argento, qui alla quarta collaborazione con il padre, non è un prodotto del tutto disastroso; le musiche di Claudio Simonetti e gli effetti speciali di Sergio Stivaletti sono, come sempre, notevoli, nonostante il gusto macabro piuttosto grossolano evidenziato da Argento in questa occasione.

La terza madre” chiude quindi, in modo non proprio idilliaco, una delle più celebri ed apprezzate trilogie horror della storia del cinema.

Giallo
Tra maggio e giugno 2008 si sono svolte a Torino, città molto cara a Darione, le riprese della sua ultima, per ora, fatica registica dal titolo “Giallo”, interpretata dal premio Oscar Adrien Brody, dall’attrice francese Emanuelle Seigner e dall’attrice spagnola Elsa Pataky.

Il film è stato presentato in anteprima al mercato dell’ultima edizione del Festival di Cannes, oltre che ad altri festival cinematografici europei; tuttavia, non è stata ancora annunciata nessuna data ufficiale per la distribuzione nelle sale.

Con un repertorio cinematografico in cui si contano ben 18 lungometraggi diretti e sceneggiati (13 thriller, 4 horror e 1 storico), Dario Argento viene considerato oggi uno dei pochi cineasti a livello internazionale che sono riusciti a portare sul grande schermo le proprie ossessioni, perversioni, nevrosi, paranoie e paure sottoforma di veri e propri capolavori passati alla storia, mantenendo per tutto il proprio percorso artistico la propria indole ed etica anticonformista e rivoluzionaria, non mostrando il minimo timore di confrontarsi con svariati soggetti estremamente differenti tra loro e nuovi linguaggi cinematografici per trasmettere al pubblico tensione e suspence con ogni mezzo anche apparentemente insignificante.

Argento ha rivoluzionato per sempre il genere thriller e horror nostrano, acquisendo addirittura l’etichetta di ‘Hitchcock italiano’ e andando a congiungersi a tutti quei maestri degli anni che furono che hanno contribuito con le loro opere alla creazione e alla modernizzazione di due generi cinematografici estremamente complessi e sempre ingiustamente visti con scetticismo e superficialità. Ma il cinema è anche (e soprattutto) questo, e se oggi ancora qualcuno (e ce ne saranno molti!) esita ad addormentarsi perché ossessionato da quell’angosciante figura nera con guanti, cappello e pugnale deve darne il merito (o la colpa…) anche (e soprattutto!) a Dario Argento.
Francesco Manca

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