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SITGES 2008
Festival internazionale del cinema della Catalogna


LASCIAMI ENTRARE
Un film di Tomas Alfredson
con Kåre Hedebrant, Lina Leandersson, Per Ragnar.
Horror, durata 114 min. - Svezia 2008

Tomas Alfredson
Lina Leandersson
Kåre Hedebrant
Lasciami entrare (Let the right one in)
Un Vampiro bussa alla tua porta!


Tra i Mostri cinematografici “Classici”, il Vampiro è senza dubbio tra i più popolari dell’immaginario collettivo e quello che ha al suo attivo più titoli nella propria filmografia. Fino dalla nascita del mito, con la pubblicazione di “Dracula”, di Bram Stoker, nel 1897, essere umani e vampiri si sono sempre attratti a vicenda, ed il cinema, a partire da Nosferatu (1922), passando per Dracula il Vampiro, di Terence Fisher (1957), fino al recente successo al box office di Twilight, è sempre stato ammaliato dal Vampirismo, portando sullo schermo i dilemmi morali legati alla figura del succhiasangue: il peccato, il sesso represso, la paura della morte e la ricerca dell’amore. L’appeal che queste creature della notte esercitano sull’animo umano è da ricondurre principalmente a due elementi: Sesso e Morte ? Eros e Tanatos. Il Vampiro è spesso una figura attraente, che possiede un fascino ed un carisma irresistibile nei confronti delle persone del sesso opposto, inoltre vive per sempre, tutti fattori che ne fanno l’incarnazione soprannaturale di erotismo ed immortalità, due dei crucci più grandi dell’essere umano.

John Ajvide Lindqvist, ex commediante, mago ed autore di soggetti per la televisione, pubblica nel 2004 Let the right one in, un libro con un inusuale mix di romanticismo, horror e poesia che viene accolto molto bene dai lettori e dalla critica, diventando ben presto un bestseller. La rivista Inglese Independent on Sunday lo esalta definendolo come “un romanzo che ricorda il miglior Stephen King”, la storia è quella di Oskar, un timido e solitario dodicenne continuamente tormentato a scuola da una banda di teppisti. Il suo desiderio di avere dei veri amici sembra esaudirsi quando incontra Eli, una esile ragazzina, sua coetanea (“più o meno” risponde quando le viene chiesto se ha anche lei dodici anni, “anche se non ricordo più da quanto tempo!”), che con il padre si trasferisce nell’appartamento vicino. Pallida e sempre seria, Eli esce solo la notte e sembra insensibile alle gelide temperature di Blackeberg, un sobborgo di Stoccolma, dove si svolge il romanzo. Non ci vuole molto ad Oskar per capire che Eli è una vampira.

Come era facile prevedere, l’industria cinematografica non rimase insensibile al successo del libro di John Ajvide Lindqvist e l’editore venne ben presto subissato dalle richieste dei produttori da tutto il mondo per l’acquisto dei diritti e trarne così una riduzione cinematografica. “Appena leggemmo il libro ne fummo immediatamente catturati, ma dal tono seccato con cui ci rispose la casa editrice comprendemmo di non essere stati i primi ad essere interessati a farne un film”, ricordano Carl Molinder e John Nordling, che hanno prodotto l’adattamento per il grande schermo, “fortunatamente la nostra visione aveva molti punti in comune con la loro e siamo riusciti a trovare un accordo, abbiamo così contattato direttamente l’autore ed inviato il libro a Tomas Alfredson, che se ne è subito innamorato”.

Prodotto dalla EFTI, una casa di produzione con sede nella capitale Svedese, Let the right one in (in Italia verrà distribuito ai primi di gennaio con il titolo: Lasciami entrare) ha avuto la sua prima mondiale il 26 gennaio 2008 a Goteborg e da allora è stato un susseguirsi di riconoscimenti, dal Tribeca International Film Festival a Neuchatel, dove si è aggiudicato il premio per il miglior Fantasy Europeo, fino al “Golden Melies” ricevuto da Tomas Alfredson lo scorso 9 ottobre, nel corso del Festival Cinematografico di Sitges. Ed è stato proprio durante la quarantunesima edizione della manifestazione Catalana che abbiamo incontrato il regista Svedese e ci siamo fatti raccontare il “making” del suo film.


Intervista a Tomas Alfredson

Sono sempre stato convinto che un buon libro debba rimanere sulla carta stampata e non portato sul grande schermo, fino a quando non ho letto il libro di John Ajvide Lindquist. Sono stato subito rapito dallo scenario che prendeva forma sotto i miei occhi e non sono stato capace di smettere di leggere per dodici ore filate, fino a quando non sono arrivato alla fine. Ho sentito subito il bisogno di condividere questa mia esperienza con il maggior numero di persone, girandone il film”, ci dice Alfredson, “è una sensazione che su un centinaio di racconti che leggi, ti capita una volta. Solitamente c’è qualche parte di un soggetto che attrae la mia attenzione, un dettaglio, un passo, ma quello che mi viene voglia di fare è di iniziare ad elaborarlo e riscriverlo. Questa volta è stato diverso, qui siamo di fronte ad una storia che è grande letteratura ed allo stesso tempo un fantastico dramma. Mi sono innamorato del romanzo per il suo originale amalgama di realismo ed elementi soprannaturali, tipici del Vampirismo”.

Ed il libro di Lindquist deve aver raggiunto il cuore del regista Svedese, dato che Let the right one in è il suo primo excursus nell’Horror: “Non ho mai fatto nulla neanche lontanamente vicino a questo genere, è una cosa quindi totalmente nuova per me. Prima di cominciare a girare il film non sapevo nulla neanche dei Vampiri e della loro mitologia, per cui ho dovuto fare una specie di corso accelerato”, ricorda Alfredson, “In Svezia sono conosciuto per commedie e films drammatici, oltre a molti lavori per la televisione”.

Lontano dalle atmosfere patinate e sdolcinate di Twilight, altro recente successo che racconta dell’amore tra un essere umano ed una creatura della notte, la pellicola Svedese si avvale della magnifica interpretazione dei suoi giovani interpreti: Kåre Hedebrant nei panni di Oskar e Lina Leandersson in quelli di Eli, la vampira bambina, sulle cui spalle si regge gran parte del successo del film. “Abbiamo impiegato quasi un anno nel casting per trovare i due giovani attori e circa quattrocento ragazzini hanno fatto il provino per la parte, senza contare che avevamo bisogno anche delle comparse, considerato che quasi l’intero cast del film è composto da dodicenni”, ci spiega il regista, “un casting sbagliato avrebbe rovinato la pellicola. Oskar ed Eli sono, secondo me, due riflessi della stessa persona, come due lati di una moneta, anche se ovviamente nel film sono due personaggi differenti, quindi il nostro lavoro non è stato semplicemente di trovare un ragazzo ed una ragazza, ma due bambini che potessero interpretare lo stesso personaggio e credo siamo stati abbastanza fortunati con Kåre e Lina”.

L’interpretazione dei due giovani attori è una delle migliori viste recentemente, la loro struggente love story è anche una storia di crescita, emancipazione e libertà, Oskar è un dodicenne emarginato ed insicuro, figlio di genitori separati, mentre la misteriosa Eli è decisamente una ragazzina fuori dall’ordinario. Nel film non è molto chiaro, anche se c’è una breve scena in cui vediamo le sue intimità [realizzata con un manichino, NdA], ma nel romanzo Eli è un ragazzo. Ci sono anche due momenti in cui domanda ad Oskar: Se non fossi una ragazza mi vorresti bene ugualmente?”, spiega Tomas Alfredson. Insieme i due si completano ed iniziano un percorso di crescita che li porterà a fuggire dal bigottismo e dall’ipocrisia della società dell’epoca (il film è ambientato nel 1982), per vivere insieme ed occuparsi uno dell’altra. Mentre, all’opposto di lui, Eli è forte e coraggiosa, Oskar è qualcosa che lei non potrà mai essere: umana e normale. Costretti a battersi per difendere il loro amore ed a scelte cruciali sul proprio futuro, i due ragazzini dovranno superare problemi più grandi di loro per difendere la propria vita, come il bisogno di sangue di Eli.

Chiediamo al regista come è stato dirigere un cast così giovane: “In Svezia non abbiamo attori professionisti di quella età,quindi è stato molto complicato riuscire a portarli a fare ciò che volevo, perché non avevano esperienza. Aggiungi il fatto che abbiamo girato a metà febbraio, la neve era vera e nelle riprese in esterni eravamo a meno venti, con Lina vestita di abiti leggeri perché il suo personaggio richiedeva che fosse insensibile alle rigide temperature. Ma lavorare con i bambini al cinema è un esperienza interessante, sicuramente più facile che a teatro, perché in un film puoi spezzare l’azione in tanti piccole parti”, ci risponde Alfredson, “non puoi dire ad un ragazzino: guarda, ora devi recitare questa parte da A a Zeta, ma devi chiedergli di farla poco alla volta, un pezzetto dopo l’altro. In questo modo per loro è più semplice. Se riesci a metterli a proprio agio, i bambini sono fantastici”.

Pur non essendo un grande appassionato di Horror, “ho comunque molto rispetto per il genere ed amo alcuni classici come Shining e Rosemarys Baby, sottolinea il regista, Alfredson ha il merito di aver rivitalizzato il mito del Vampiro, senza necessariamente doverlo riscrivere, rappresentando una storia d’amore credibile e non smancerosa, tra un Vampiro ed un essere umano. Di come l’amore di Eli aiuti Oskar a liberarsi dalle sue paure, guardando se stesso in una luce completamente nuova, non più vittima e disadattato, ma con il coraggio finalmente di opporsi ai suoi aguzzini e decidere della propria vita. Ma gli elementi romantici non devono fare pensare che Lasciami entrare manchi di scene “gore”: un uomo appeso ad un albero a testa in giù per drenarlo del sangue, un altro surgelato nel lago, mani mozzate e decapitazioni sono solo alcuni dei momenti forti del film, che il pubblico amante dell’ Horror apprezzerà. “Non ho voluto eccedere nel mostrare sangue e violenza, limitandomi ad inserirli solo dove erano necessari per rendere credibile la vicenda. Per me sono più interessanti gli attimi precedenti alle scene che ti terrorizzano, è quando sai che sta per accadere qualcosa di terribile che sei più spaventato. Immaginare di venire investiti da un auto è molto peggio di esserlo davvero, perché un incidente accade in una frazione di secondo. E’ l’immaginazione dello spettatore che crea la maggiore paura, oggi è molto facile al cinema creare disgusto, ma non è così semplice terrorizzare il pubblico”, sottolinea il quarantatreenne Alfredson, “come regista cerco di avere una sorta di dialogo con lo spettatore, mostrandogli ciò che potrebbe accadere. Vedo in questa storia le stesse dinamiche che ci sono nei racconti di Charles Dickens, con la contrapposizione tra le vicende leggere descritte in primo piano e qualcosa di oscuro che si muove in sottofondo. E’ un lavoro molto delicato bilanciare questi due aspetti della storia”.

Accanto ai due giovani protagonisti troviamo un bravo Per Ragnar, nel ruolo di Hakan, moderno Renfield che procura ad Eli il sangue di cui ha bisogno per sopravvivere, un personaggio che sottolinea l’originale approccio di Alfredson al genere e segna la principale differenza tra la sceneggiatura ed il romanzo, come lo stesso regista ci spiega: “il film è molto fedele al racconto di Lindqvist, che ha collaborato anche alla riduzione cinematografica, ma il libro ha 360 pagine e contiene numerose sotto storie che non potevano tutte venire incluse nel film per ovvii motivi di durata. Una sostanziale differenza è che nel romanzo Hakan è un pedofilo! Oggigiorno al cinema è molto comune inserire la pedofilia come una sorta di effetto speciale emozionale, ma io credo che questo sia un problema molto delicato ed il suo uso al cinema sia da irresponsabili, in quanto nel pubblico c’è sempre qualcuno che potrebbe pensare che sia un comportamento giustificato, per cui ho eliminato la cosa”.

->inizio spoiler (evidenzia il testo per leggerlo, si parla del finale del film)
Nonostante Let the right one in sia ambientato in un periodo molto buio per la Svezia, quando il Partito Conservatore stava per essere battuto dal Social Democratico Olaf Palme, con il paese sull’orlo della depressione e parte della popolazione in stato di povertà, efficacemente portato sullo schermo dalla scarna fotografia di Hoyte van Hoytema, che contrappone al grigio del sobborgo di Blackeberg il rosso sangue delle vittime di Eli, il film si chiude con un messaggio di speranza, ma il finale della pellicola, con i due protagonisti che lasciano Stoccolma a bordo di un treno, anche se apparentemente un “Happy ending”, lascia presagire che tra quarant’anni Oskar invecchierà, venendo a trovarsi nella stessa posizione di Hakan, ovvero di colui che deve procurare il rosso plasma vitale ad Eli, che come vampiro è condannata ad avere per sempre dodici anni, ma il regista non concorda con questa nostra ipotesi: “certamente puoi vederla anche in quel modo, ma io sono un ottimista e considero il mio film in maniera più positiva, per me è un Happy end: si allontanano insieme verso un futuro migliore, non sono stati accettati dalla società, per cui hanno deciso di lasciarla, questa è la mia conclusione. Ma ovviamente il film è aperto a differenti interpretazioni da parte del pubblico”.
<-fine spoiler

Il titolo della pellicola fa riferimento ad uno degli aspetti morali più interessanti e misteriosi dei Vampiri: il fatto che devono essere invitati per potere entrare nella vostra casa, e mostra, per la prima volta sul grande schermo, cosa accade a queste creature della notte se lo fanno senza uno specifico invito, aggiungendo un nuovo capitolo alla mitologia dei discendenti di Dracula.

Perseverando nella cattiva abitudine di Hollywood di rifare i films Europei ed Orientali di successo, Lasciami entrare è già stato acquistato dalla rinata Hammer Films, che insieme alla Statunitense Overture Films ne realizzerà il remake. Il progetto è stato affidato a Matt Reeves, di cui ricordiamo il grande successo di Cloverfield, che ne riscriverà anche la sceneggiatura, indirizzata questa volta prettamente ad un pubblico di teenagers: “non ho mai considerato il mio film come un opera per bambini o per i giovani”, conclude Alfredson, che è già al lavoro su una versione teatrale di My fair Lady, “Let the right one in è sempre stato un film per un pubblico adulto!”.


E’ triste prevedere che molta gente conoscerà il remake senza avere mai visto l’originale, nonostante l’opera di Alfredson sia uno di quei piccoli gioielli della produzione Horror Europea che, come Rec, di Jaume Balaguerò e Paco Plaza, Hollywood non sarà in grado di eguagliare, indipendentemente da quanti soldi stanzierà.
Roberto E. D’Onofrio.
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