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Morando Morandini
Nato nel 1924 a Milano
Critico cinematografico

Principali pubblicazioni
dal 1999 Dizionario dei film Il Morandini
1998 Storia del cinema
1995 Non sono che un critico

Filmografia (nel ruolo di se stesso)
1987 Remake di Ansano Giannarelli
1964 Prima della rivoluzione di Bernardo Bertolucci
Ad inizio mese, alla sala incontri del Teatro Ariston di Sanremo, il critico cinematografico Morando Morandini, ha presentato in occasione del "XII Festival Nazionale del Doppiaggio - Voci a Sanremo", l'edizione 2008 del Dizionario Zanichelli Il Morandini, festeggiando così il decennale della sua prima edizione.
Chiamato come giurato per la suddetta manifestazione, Morando Morandini si occupa di critica cinematografica dal 1947, lavorando per i quotidiani “La Notte”, “Stasera”,“Il Giorno” e fondando la rivista specializzata “Schermi”; attualmente collabora con il mensile “Duellanti
Si è occupato anche di critica televisiva, teatrale e letteraria lavorando con svariati periodici ed annuari.
Tra le sue opere letterarie ricordiamo “Sessapiglio”, “Storia Del Cinema” (con Goffredo Fofi e Gianna Volpi) e “Non Sono Che Un Critico”, libro autobiografico colmo di pensieri e consigli sul mestiere del critico cinematografico.
In alterni periodi si dedica ad “Anteprima”, rassegna del Cinema Indipendente che si tiene ogni anno a Bellaria, ed è organizzatore a Levanto del “Laura Film Festival”, manifestazione dedicata a sua moglie
Grazie all’interessamento del Direttore del sito web del Cineforum Imperia Marco Frassinelli ed ai buoni uffizi della responsabile Ufficio Stampa del suddetto Festival Tiziana Voarino, ho potuto intraprendere una piacevole chiacchierata col Morandini, cercando di sviluppare tutto ciò che poteva riguardare vari aspetti del “discorso filmico”.

Ci spiega perché ama definirsi “critico di frontiera”?
Era un’espressione che ero solito usare per un certo periodo con i miei colleghi di Roma; abitando e lavorando ai confini con la Svizzera avevo meno opportunità d’incontrare produttori e sceneggiatori, sicuramente i giornalisti della capitale avevano più possibilità.

Perché gli anni del “boom” e della grande espansione televisiva hanno coinciso con gli esempi migliori della “commedia all’italiana”?
Il motivo va ricercato nel fatto che gli sceneggiatori ed i registi italiani dell’epoca utilizzavano per gli spostamenti i mezzi pubblici e quindi, lavorando “sul campo”, conoscevano la realtà in maniera diretta.

Cosa ne pensa del cinema di oggi? Ritiene che sia in crisi?
No, non è proprio una questione di crisi; il fatto è che lo spettatore italiano che si reca al cinema non si è ancora accorto che su una settantina di pellicole nostrane che la distribuzione ci propone, escono ogni anno una buona decina di opere cinematografiche italiane da andare “a vedere”; se si vuole fare un paragone col passato, non si tiene conto che alla fine degli anni ‘60 si producevano mediamente 200-250 film per stagione, e quindi era più facile che venisse fuori una qualità media migliore.

Quale bilancio può fare dell’attuale rapporto fra cinema e realtà italiana?
Anche se il pubblico non se n’è accorto, ritengo che c’è stata la volontà, almeno nelle intenzioni, di raccontare l’Italia d’oggi; purtroppo per quello che concerne le risultanze se ne potrebbe discutere all’infinito, in quanto non tutti i film sono riusciti a far risaltare il loro intento.

Che giudizio ci dà sul livello degli attuali attori italiani?
Stimo ed apprezzo molto alcuni nostri bravi attori; certi registi invece non apprezzano la professionalità dei nostri interpreti credendo di avere a che fare con degli strumenti noiosi; ho una mia tesi e sono assolutamente convinto che nel cinema italiano dei nostri giorni, il livello medio dei nostri attori non solo è all’altezza del livello medio dei loro colleghi spagnoli, francesi e tedeschi, ma è notevolmente superiore al valore medio dei nostri sceneggiatori.

Ha mai avuto delle incomprensioni con alcuni dei nostri registi, magari per una critica od una recensione non proprio positiva redatta dalla sua penna?
Solamente con 4-5 registi italiani intrattengo rapporti di amicizia e devo dire che per fortuna ho scelto anche bene; uno dei problemi del critico è quello di dover giudicare, ma questo problema lo si risolve facendo delle riserve o dei commenti in un modo leggermente più gentile.

Ritiene che l’utilizzo di attori non professionisti, presi dalla strada e scelti per le loro caratteristiche visive (come nel recente “Gomorra” di Matteo Garrone), possa essere una specie di ritorno al periodo del neorealismo?
Dipende sempre dagli argomenti; un film come Gomorra non poteva non essere interpretato da attori non professionisti, in quanto il regista voleva esprimere delle condizioni e degli stati d’animo puramente umani, risaltando così una specifica verità sociale.

Cosa ne pensa della spettacolarità, spesso troppo ricorrente, di un certo cinema americano?
Ritengo che, in maniera più massiccia rispetto all’Europa, la fascia degli spettatori statunitensi che frequentano i cinema è quella che va dai 14 ai 24 anni, e quindi la celebrata “industria americana” deve soddisfare quel tipo di utente.

Pensa che attualmente i produttori svolgano un ruolo innovativo o siano propensi soltanto a seguire la moda, il successo ed i sedicenti gusti del pubblico?
Non credo che sia opportuno generalizzare, cioè non si può fare di tutta un’erba un fascio; sono convinto che sarebbe troppo facile analizzare un discorso generale sulla stima “commerciale” degli operatori; il fatto è che c’è una tale varietà di responsabili che è difficile dare una risposta precisa ed univoca, perché esistono produttori “coraggiosi”, poi ci sono quelli “fintamente coraggiosi” ed infine spuntano anche quelli “non coraggiosi”.

Come vede il futuro del cinema per quanto riguarda il settore ripresa: molto o poco legato alle nuove tecnologie?
Direi decisamente molto, perché attualmente col “digitale” si possono realizzare argomenti e raccontare storie che solo 10-15 anni fa non era possibile effettuare; se una volta per girare una determinata scena dovevi utilizzare moltitudine di comparse, oggi, coi nuovi sistemi, puoi lavorare facilmente utilizzando meno persone.

Concludendo, volevo sapere quanta importanza, anche affettiva, hanno avuto sua moglie Laura e sua figlia Luisa nella stesura del vostro Dizionario?
Avendo sposato una donna di mare vorrei ricorrere ad una metafora marinaresca: io sono lo scafo, mia figlia Luisa è lo skipper e mia moglie Laura è il vento che soffia sulle vele, senza di lei non mi sarei mai imbarcato.
Enrico Luly (ArtWhere - L’Eco della Riviera)
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