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Wim Wenders
Nato nel 1944 a Düsseldorf (Germania)
Regista, sceneggiatore e produttore

Principali riconoscimenti (46 premi, 22 nominations)
2000 Berlino: Orso d'agento per The Million Dollar Hotel
2000 "Oscar": nomination per Buena Vista Social Club
1993 Cannes: Premio della Giuria per Così lontano, così vicino
1987 Cannes: Miglior regia per Il cielo sopra Berlino
1984 Cannes: Palma d'oro per Paris, Texas
1982 Venezia: Leone d'oro per Lo stato delle cose

Filmografia scelta
2005 Non bussare alla mia porta
1999 Buena Vista Social Club
1995 Lisbon story
1987 Il cielo sopra Berlino
1984 Paris, Texas
Was denken Sie uber italienisch Kino? Cosa pensa del cinema italiano?
Nella sala del rettorato dell’Università di Torino, gremita di giornalisti, c’è Wim Wenders. Il regista de Il cielo sopra Berlino, Lisbon Story, The Million dollar Hotel e Buena Vista Social Club si volta verso di me e mi risponde: “Ogni cinema è necessario. Il cinema italiano ha una grandissima tradizione” e poi mi glissa con eleganza.

Qual è il ruolo del regista cinematografico nel mutato ruolo dei media?
Il ruolo del cinema è cambiato. Quando ho cominciato io il ruolo era chiaro: un cinema di regia. Ora i film hanno ottenuto una funzione diversa perché è cambiata la realtà. Ci sono altre professioni che non hanno fatto bene il loro lavoro. Quando ho iniziato il ruolo della chiesa e della politica erano molto importanti nella nostra vita. È cambiato il ruolo del regista.

Lei è un insegnante, oltre che un regista, cosa ritiene importante insegnare ai suoi studenti?
Il mio compito come insegnante è aprire gli occhi alla gente. Gli insegnanti presentano immagini chiuse. Da dieci anni insegno, non Storia e Critica del Cinema ma Cinema Digitale. Non certo perché non mi piace la storia del cinema ma perché la realtà è quella di oggi. Alla fine i ragazzi usciranno e dovranno avere gli strumenti. Non la storia quindi ma il futuro. È un compito non facile. Non esiste il cinema senza la sua storia ma il cinema del futuro è diverso. Devo prepararli all’era del digitale per fare cose che noi non ci sognavamo nemmeno. Ho iniziato come regista a lavorare con gente che aveva lavorato nel muto. Il primo direttore della fotografia veniva dal muto. Sono fortunato perché ho questo bagaglio. Ora lavoro con microcamere che hanno cambiato la storia del cinema. Io desidero aprire gli occhi agli studenti e alla gente.

Quanto pesa l’eredità storica della Germania dal Nazismo alla caduta del Muro di Berlino?
Il mio problema con il mio Paese, la mia Patria, da quando sono cresciuto, è che non capivo. La Germania fingeva di avere 10-15 anni di storia che rifiutava. Era difficile saltare il vuoto della storia. Come fingere che il Nazismo non fosse esistito? Ero il nipote di Fritz Lang ma non avevo padri. Non avevo connessioni col passato. Dovevo riconciliarmi con la Germania di Goethe, di Brecht. C’è voluto tempo per accettare che ero tedesco. La Germania erano due paesi diversi. Quando si unirono non utilizzarono quell’occasione storica per ridefinire la propria identità. La Germania deve riagganciarsi alla storia. Saltiamo una generazione. La Germania prenderà coscienza.

Ci si è chiesti poco del montaggio. Dalle lunghe inquadrature del cielo sopra Berlino è passato a un linguaggio più secco con un montaggio più disteso, meno osservato. Quanto è importante il montaggio?
Il montaggio è tagliare tutto. Ore e ore di girato devono essere condensate in due ore di film. Puoi filmare per due anni e poi ridefinire totalmente ciò che hai scritto e filmato. Dieci montatori diversi con le stesse immagini montano un film diverso. Il montaggio è molto importante. Io agli inizi non ne avevo idea. Io giravo e per me era tutto molto importante. Ma non era montaggio era assemblaggio, un giorno è arrivato da me un giovane molto arrogante, lui aveva 24 anni, io 25 e mi ha detto “Tu non capisci niente di montaggio. Faccio io il montaggio.” Mi sono fidato di lui perché sapeva il fatto suo, ma poi ho scoperto che aveva fatto l’assistente al montaggio. Allora gli risposi, dai fammi vedere” E lui tagliava, tagliava, tagliava e io soffrivo. Da allora è rimasto con me e siamo diventati come gemelli. Non utilizza un metodo. Ognuno ha un suo approccio, deve conoscere ogni singola inquadratura. Si immerge per 12 ore al giorno e conosce tutto. Ogni volta so che lui dentro tutto il materiale trova tutto il film che io avevo nella testa. Abbiamo sempre fatto molte liti. E ha sempre vinto lui.

Esiste in Germania come in Francia una legge che protegga il cinema?
In Germania come in Italia non esiste una legge protezionista. Il cinema va aiutato, ad esempio nel marketing e nella distribuzione. Non si può mettere il cinema in un acquario come una cosa da salvare. In Germania il cinema è sovvenzionato e ben distribuito. Il cinema non ha bisogno di protezioni ma di progetti.

Usciamo nell’aria fresca di novembre. Splende il cielo sopra Torino.
Geneviève Alberti
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