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PAROLE SANTE
di Ascanio Celestini - dur. 75' Documentario 2007.
Con Ascanio Celestini
Documentario di Ascanio Celestini sulla difficile condizione dei lavoratori precari del più grande call center d'Italia.
SAPERE, FAR SAPERE, SAPER FARE E FARE
(Prima di iniziare a leggere, vorrei che fosse chiaro a tutti dall'inizio che la visione di questo documentario è caldamente consigliata)

Parole sante. Quando uno dice “parole sante”, intende senza possibilità di equivoci che è pienamente d’accordo con ciò che ha appena sentito. Non poteva esserci titolo più indovinato per il documentario di Ascanio Celestini sul mondo del lavoro precario: un progetto iniziato anni fa e incentrato sulle vicende dei lavoratori dell’Atesia, il più grande call center d’Italia, situato nella periferia romana a Cinecittà. Una storia come tante, si potrebbe pensare, quella di migliaia di lavoratori costretti a paghe minime, senza alcun diritto sindacale, senza la possibilità di progettarsi un futuro, senza un serio e concreto sostegno delle istituzioni. Una storia come tante, certamente, che però si trasforma negli anni in un esempio per tutti, quando un gruppo di lavoratori decide di non subire più e di far valere i propri (pochi) diritti.

In Atesia si veniva pagati poco: niente per telefonate che duravano meno di 20 secondi e fino a un massimo di 85 centesimi per telefonate che arrivavano a durare 2 minuti e 40 secondi (“e se dura 3 minuti?”, chiede a un certo punto Celestini ai ragazzi, “Sempre 85 centesimi”, gli rispondono. Anche se durasse un’ora, sempre 85 centesimi prenderebbero). Un giorno la società decide di rivedere la paghe, ma – al colmo del ridicolo – decide di farlo al ribasso: il massimo guadagnabile per una telefonata passa da 85 a 80 centesimi. “Ci è sembrato troppo, francamente”, raccontano tutti. “Alla notizia, spontaneamente tutti i lavoratori hanno abbandonato le loro postazioni e hanno deciso di parlare tra loro per decidere come difendersi”. Nasce così il collettivo PrecariAtesia, movimento che unisce i più arrabbiati e più impegnati, creato per rendere più forte la lotta sindacale e per capire insieme se e come era meglio procedere.

La vicenda da raccontare diventa poi complessa, tra ricorsi all’Ispettorato del Lavoro (che dà ragione pienamente alla protesta lavoratrice, costringendo di fatto Atesia ad assumere tutti con contratti regolari) a nuovi governi e nuove finanziarie (che di fatto depenalizzano gli sfruttamenti già effettuati, salvaguardando le aziende), senza contare le ripercussioni della società contro i leader – e non solo loro – della “rivolta”.

Celestini è in viaggio per l’Italia per presentare il suo documentario, accompagnandone la visione nei coraggiosi cinema che lo proiettano (a Torino il neo-(ri)nato King Kong Microplex, capace di ben 44 posti a sedere!). Nella sua introduzione, l’attore romano spiega semplicemente una storia complicata, ripercorrendo velocemente le varie tappe che hanno portato l’ennesima storia di lavoratori sfruttati a diventare un esempio per tutti di “coscienza”, di lotta per i propri diritti (e ancora più, in questo caso specifico, per i diritti di tanti).

Il motto che ha guidato i membri del collettivo è semplice quanto inflessibile: “Sapere, far sapere, saper fare e fare”, ripetono tutti i lavoratori, convinti e divertiti dal loro nuovo ruolo di “guide degli oppressi”. “Il problema è stato quando si è arrivati al fare”, spiega il più anziano del gruppo, esperto di lotte sindacali dal basso. “Gli intellettuali non ci sono abituati, quando si arriva al fare ci si può fare anche male”.

Il documentario è molto semplice, dal punto di vista realizzativo: una serie di interviste ai membri del collettivo, tutte ambientate all’interno della sala del centro sociale che ha ospitato le riunioni dei colleghi di Atesia. Oltre a ciò, qualche immagine dei vari cortei organizzati in questi anni, documenti ufficiali dei vari enti preposti al controllo della regolarità del lavoro e un’altra intervista, realizzata in esterni di fronte alla sede del call center, a due ex-collaboratori, Cecilia e Salvatore, conosciutisi al lavoro e successivamente sposati (e viene da chiedersi, onestamente, come riescano oggi a mantenersi): il loro intervento, registrato lo scorso anno, serve a fare il punto della situazione dopo gli innumerevoli passaggi burocratici degli ultimi mesi.

“Il primo montaggio – confida lo stesso Celestini al pubblico – durava 3 ore: io e il montatore, Alessandro Pantano, eravamo molto soddisfatti, c’era tutto quello che volevamo. Ma onestamente era un po’ troppo e abbiamo deciso di sintetizzare: il mio intervento doveva essere limitato all’inizio e alla fine, non volevo comparire troppo, ma alla fine abbiamo deciso che era meglio se in alcuni momenti la mia voce avesse sintetizzato quello che i vari intervistati mi avevano raccontato”.

Parola sante, che è anche il titolo di un disco che Celestini ha pubblicato per RadioFandango, riesce nel compito di rendere facile da seguire e impossibile da non capire la storia di PrecariAtesia e delle sue iniziative (tra cui un giornalino satirico pubblicato per informare i lavoratori di quanto stava succedendo). Un percorso intricato, che vede come ultimo atto l’invio di avvisi di garanzia ad alcuni dei protagonisti di questo documentario, e ad altri loro (ex)colleghi: tra le cause del procedimento, l’aver gridato slogan contro il precariato!

Solo l’incredibile capacità di narratore di Ascanio Celestini, la sua esperienza e la sua innata bravura nel farsi seguire e nel semplificare – senza banalizzare – storie complesse, hanno reso questo progetto un piccolo gioiello. Imperdonabile non vederlo, necessario per cercare di capire un po’ di più lo stato del nostro Paese.

La storia iniziale (e finale) sulla goccia che cade dal rubinetto – raccontata dall’attore – è poi, se non bastasse, una chicca che varrebbe da sola il prezzo del biglietto.
Carlo Griseri (www.cineboom.it)
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