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SITGES 2007
40° Edizione
Sitges - Festival internazionale del cinema della Catalogna (Spagna, dal 1968) è uno dei più importanti festival dedicati al cinema fantastico.


Sito ufficiale
Sitges Festival


Altre risorse
Sitges 2007 (seconda parte)
SITGES 2007: IL REPORTAGE (prima parte)

Nato nel 1968 sotto il nome di “Settimana Internazionale del Film Horror e Fantasy”, il Festival cinematografico di Sitges ha festeggiato lo scorso ottobre il suo quarantesimo anniversario, affermandosi come la più importante manifestazione Europea per il cinema Fantastico. Il festival ha inoltre favorito l’industria cinematografica locale che, in particolare nel caso della Filmax e della Fantastic Factory, ha moltiplicato le produzioni nazionali e raggiunto notorietà internazionale.
La locandina
Una scena del film
Manuela Velasco
REC di Jaume Balaguerò e Paco Plaza
E infatti quest’anno proprio la Filmax ha fatto incetta di premi con Rec, ultima fatica dei due registi tra i più estrosi dello Studio di produzione Spagnolo: Jaume Balaguerò e Paco Plaza. Al film sono andati i premi per la regia, per la miglior attrice (la pimpante Manuela Velasco), della critica e del pubblico, oltre a una menzione speciale della giuria del “Melies d’Argento”; la storia, totalmente girata in soggettiva, tramite l’occhio della telecamera dell’operatore di un programma televisivo che segue in diretta i lavori notturni della città di Barcellona. Una notte la reporter Angela (Manuela Velasco) e il suo cameraman, affiancano i pompieri di una caserma in quello che sembra un intervento di routine: liberare un’anziana donna che, senza un’apparente ragione, si è barricata nel proprio appartamento, in un fatiscente condominio, lanciando urla terrificanti. In breve la missione, apparentemente semplice si tramuta in un vero inferno, intrappolati dal governo all’interno del palazzo teatro della vicenda, che temendo il diffondersi di un nuovo virus ha messo l’intero edificio in quarantena, i soccorritori sono assaliti dall’anziana signora che, mordendo uno di loro, con modalità simili a quelle di “28 giorni dopo”, lo trasforma in una sorta di zombi assetato di sangue.
La troupe di Angela continua a riprendere tutto ciò che accade, mentre il contagio inizia a mietere le prime vittime. Con un magistrale piano sequenza finale ininterrotto di ben 30 minuti, Plaza e Balaguerò confezionano un horror genuino e terrificante, che domanda allo spettatore quale debba essere il limite, morale e civile, del filmabile, riuscendo nella non facile impresa di rinnovare un sottogenere ultimamente molto inflazionato come quello degli Zombies.
La locandina
Una scena del film
George Romero
DIARY OF THE DEAD di George Romero
Camera in spalla, alla maniera di “The Blair Witch Project”, anche per George A. Romero e il suo Diary of the Dead, il grande vecchio, padre dei Morti Viventi, dopo 20 anni sceglie una produzione indipendente e ci porta alla prima notte in cui i morti ritornano in vita: Jason (Joshua Close) ed un gruppo di amici, studenti di un corso di cinematografia, sono nei boschi della Pennsylvania a girare un horror con protagonista una Mummia per il loro programma di studi, quando i telegiornali, la radio e internet cominciano a trasmettere inquietanti news sul risorgere dei morti. I ragazzi, insieme al loro professore alcolizzato (Scott Wentworth), decidono di filmare quanto accade loro intorno e documentare i fatti per le generazioni future, in una sorta di diario intitolato “The Death of Death”. Se c’è una costante nel lavoro di Romero è il suo pungente commento sulla società in cui viviamo e “Diary Of The Dead” non fa eccezione, il film è sicuramente il lavoro più personale del regista e cattura alla perfezione l’attuale ossessione globale dei “bloggers” per la ricerca della verità.
Girato con differenti tipi di telecamere, incluso quelle dei cellulari e a circuito chiuso, la pellicola è ancora una volta una metafora con cui il regista rappresenta la società dei differenti periodi in cui i suoi films vengono distribuiti. Realizzato in soli 23 giorni a Toronto, con una piccola troupe e un cast di giovani attori, su cui spiccano Michelle Morgan e Shawn Roberts, “Diary Of The Dead” mantiene il magico tocco di Romero, che dopo 40 anni e cinque films sui cadaveri antropofagi, sa ancora inventarsi modi creativi con cui mandare definitivamente sotto terra i suoi “non morti” e non delude i fans, per la cui gioia abbiamo infatti: zombies aperti a metà con la spada, teste sciolte dall’acido o trapassate da frecce, per non parlare dell’acquario di morti viventi, merito del lavoro del grande Greg Nicotero che, insieme ai “Gaslight Studio”, ha realizzato i make-up della pellicola e, come in “La Terra dei Morti Viventi”, si è ritagliato una comparsata nei panni di un minaccioso dottore-Zombie: “Non ha saputo resistere”, ci ha detto Romero.
The Zombie Diaries
Flight of the Living Dead
Mulberry Street
Idea molto simile e ancora riprese in soggettiva per “The Zombie Diaries”, produzione Britannica “low-budget” diretta da Kevin Gates e Michael Bartlett, che documenta il risorgere dei morti in Inghilterra, contrapponendoli a una banda di non meno temibili delinquenti di strada.

Gli Zombies la fanno da padroni anche nella spassosissima Horror-comedy “Flight of the Living Dead”, in cui il filmmaker Scott Thomas infesta un aereo con una minaccia molto più temibile dei serpenti, e nel fantasioso “Mulberry Street”, del debuttante Jim Mickle, che descrive la lotta per la sopravvivenza degli abitanti di un sobborgo di Manhattan, dove l’epidemia è trasmessa da voracissimi ratti-zombie.
The Tripper
Wrong Turn 2
Francese Frontière(s)
Un folle armato di ascia, con il volto coperto da una maschera di Ronald Reagan che fa a pezzi i partecipanti a un festival hippie, organizzato nella lussureggiante Redwood Forest, segna il debutto dietro alla macchina da presa dell’attore David Arquette, noto al grande pubblico per la sua partecipazione alla saga di “Scream” e per il matrimonio con Courtney Cox (che ricordiamo tra le sexy interpreti di “Friends”) e che qui compare nel ruolo di Cynthia ed in veste di produttrice. In The Tripper è evidente la satira politica messa in piedi dal suo autore, che fortunatamente non si prende mai troppo sul serio, così come si apprezzano i numerosi omaggi agli “Slashers” anni ’80, anche se la pellicola, nel suo voler essere a tutti i costi politicamente scorretta, non ci ha pienamente convinto, ma essendo il primo lavoro di Arquette come regista, sospendiamo il giudizio fino al prossimo lavoro. Da ricordare l’apporto di Howard Berger nel rendere più realistiche le scene “gore”.

Sangue e squartamenti a iosa anche in Wrong Turn 2, sequel del bel film di Rob Schmidt, che nonostante la presenza del cantante e showman Henry Rollins, non eguaglia le atmosfere inquietanti del suo predecessore, virando sul versante inflazionato della commedia. Questa volta a finire fatti a pezzi dalla famiglia di mutanti cannibali che abitano le foreste dell’entroterra Americano sono i partecipanti a “Apocalypse”, un reality show sulla falsariga de “L’Isola dei Famosi” e “Survivor”.

Ancora famiglie psicopatiche e assassine nel Francese Frontière(s), di Xavier Gens, che scopiazza malamente “The Texas Chainsaw Massacre”, di cui riprende intere scene, per raccontare la storia di una banda di rapinatori che dopo un colpo a Parigi ha la malaugurata idea di cercare rifugio in un Hotel, sul confine con la Germania, gestito da una degenerata famiglia di neo-nazisti che macella allo stesso modo maiali e esseri umani.
The Devil's chair
Enzo G. Castellari
Angel Sala
Andiamo decisamente meglio con “The Devil’s chair”, ultima regia dell’Inglese Adam Mason, di cui avevamo già apprezzato “Broken”, qui, alla maniera di “Hellraiser”, una vecchia sedia elettrica all’interno di un ospedale abbandonato per le malattie mentali, è la porta per una dimensione infernale di torture e sofferenza, ma forse tutto non è come sembra. Realizzato con pochi mezzi, praticamente su di un unico set, “The Devil’s chair” è un horror efficace e claustrofobico, la cui riuscita è garantita da una storia originale e un ottimo cast, su cui spicca l’inquietante Andrew Howard, perfettamente calato nella parte dell’uomo che ha visto inghiottire la sua ragazza dalla diabolica sedia e che tutti credono un assassino.

Anche quest’anno Sitges ha reso omaggio al nostro paese, attribuendo il premio Nosferatu alla carriera a un commosso Enzo G. Castellari, che ha ritirato il premio dalle mani di Ruggero Deodato, membro della giuria del Festival, e proiettando alcune opere ingiustamente dimenticate della nostra cinematografia come: “Il seme dell’uomo” e “L’ultimo uomo della Terra”.

Il Festival, diretto ancora una volta dal gioviale Angel Sala, ha ormai raggiunto notorietà internazionale, pur mantenendo una dimensione ancora a misura d’uomo dove, a differenza dello spocchioso festival di Cannes, il pubblico e i films sono al centro dell’attenzione. I titoli sono stati quest’anno così tanti che l’organizzazione ha dovuto approntare una nuova sala di proiezione appositamente per la manifestazione e proprio l’abbondanza di pellicole ci costringe a dividere il nostro reportage da Sitges in due parti… arrivederci quindi a presto, con gli altri films presentati nella cittadina Catalana, continuate a leggerci, mi raccomando!
Roberto D'Onofrio (www.horror.it)
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