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Lunedì 14 marzo In collaborazione con il DAMS Ore 16:15 – 20:15 – 22:30
METROPOLIS
(Germania 1927) di Fritz Lang – dur. 118'
con Alfred Abel, Gustav Frohlich, Brigitte Helm, Rudolf Klein-Rogge
Metropolis è un film muto, considerato il capolavoro del regista austriaco Fritz Lang, uno dei capisaldi dell'espressionismo cinematografico. In una megalopoli del XXI secolo dominata dal dittatore Fredersen, gli operai, che vivono nei sotterranei in stato di semi-schiavitù, ripongono la loro fiducia nella mite Maria, di cui si innamora Freder, figlio del dittatore. Per rompere l'unità degli operai, Fredersen impone all'inventore-mago Rotwang di costruire un robot, sosia di Maria, che semini discordia, ma questo incita gli operai ala rivolta e alla distruzione...


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Così la crtitica:
Paolo Mereghetti (Dizionario dei film):
Gli effetti speciali straordinari, le imponenti architetture (le tecniche fotografiche di Eugen Schufftan combinavano modellini e scenografie in grandezza naturale), i geometrici movimenti delle masse ne fanno uno dei film visivamente più impressionanti della storia del cinema.

Ferdinando Di Giammatteo (Dizionario dei film):
Dramma di fantascienza che la tradizione vuole ispirato a Fritz Lang da una visione dei grattacieli di New York. Il regista spiegò che il suo maggiore interesse era rivolto al conflitto fra magia e tecnologia moderna. In Metropolis furono sperimentati effetti speciali all'epoca sconosciuti che permettevano di combinare modellini e scenografie a grandezza naturale. Girato in 18 mesi con la partecipazione di 30.000 comparse, dopo la prima proiezione fu abbreviato di oltre 1.000 metri. L'espressionismo celebrava qui, in una allucinazione fatta d'imponenza geometrica, di macchine e di movimenti smisurati, uno dei suoi ultimi trionfi cinematografici. E se tutto questo può considerarsi un delirio, è il delirio di un regista, di un artista moderno,t ravolto dal mito dell'onnipotenza.

Cineforum Imperia
E' doveroso ricordare e sottolineare che nel 2008 sono state recuperate in Argentina presso il Museo del Cine di Buenos Aires sequenze ritenute perdute. Questa straordinaria scoperta ha consentito alla Fondazione Murnau di riportare il film alla sua forma originaria. Secondo il direttore artistico della Cineteca tedesca, Rainer Rother, mancavano finora 30 minuti dall'edizione originale e quanto recuperato coprirebbe il 95 % del materiale mancante.

FRITZ LANG - Vienna, 1890 – Beverly Hills, 1976
Al centro della mia opera c’è la lotta dell’individuo contro le circostanze” (Lang). Sulla sponda della letteratura e della cultura popolare, Lang si accosta al cinema nel 1919 e tre anni dopo dirige “Il dottor Mabuse”, film che gli rimarrà appiccicato addosso e che in fondo, bene caratterizza il suo stile: intrigo, lucidità, durezza, miseria umana, melodramma. Dopo altri due capolavori – “I Nibelunghi” (1924, esaltazione delle tradizioni eroiche tedesche) e “Metropolis” (1927) – un altro criminale è al centro della geometrica macchina narrativa di “M, il mostro di Dusseldorf” (1931), la sua più alta riflessione sulle ambiguità della giustizia, dove la cupezza del melodramma è schiarita malignamente dall’ironia. Con l’avvento del nazismo emigra prima a Parigi e poi a Hollywood. Con “Furia” (1936) si apre il periodo americano; in vent’anni realizza negli Stati Uniti opere memorabili come “Sono innocente!” (1937), “Anche i boia muoiono” (1943), “La donna del ritratto” (1944), “Dietro la porta chiusa” (1948), “Rancho Notorius” (1952), “Il grande caldo” (1953), “La bestia umana” (1954): cambiano gli ambienti e i temi, ma eguali rimangono le ossessioni (la colpa, il male, la paura dell’inconoscibile) e lo stile insinuante, drastico di tanto in tanto, morboso, magari soffocante, di un regista che vuole sempre e comunque impressionare. Dopo un viaggio in India, torna in Germania (dove dirige film minori), interpreta se stesso ne “Il disprezzo” di Godard e si ritira a Beverly Hills. (Di Giammatteo, Dizionario del Cinema)

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