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Lunedì 21 novembre Ore 16:15 - 20:15 - 22:30
IL GRINTA
(USA, 2010) di Ethan Coen, Joel Coen – dur. 110'
con Jeff Bridges, Matt Damon, Josh Brolin, Hailee Steinfeld
Mattie Ross è una quattordicenne fermamente intenzionata a portare dinanzi al giudice, perché venga condannato alla pena capitale, Tom Chaney, l'uomo che ha brutalmente assassinato suo padre. Per far ciò ingaggia lo sceriffo Rooster Cogburn non più giovane e alcolizzato ma ritenuto da tutti un uomo duro. Cogburn non vuole la ragazzina tra i piedi ma lei gli si impone. (MYmovies)

Premi:
Vincitore del BAFTA per la Miglior Fotografia e di altri 27 premi internazionali, più 83 nomination tra le quali 10 nomination all’Oscar (Film, Regia, Sceneggiatura, Fotografia, Attore protagonista e Attrice non protagonista…).


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Così la critica:
Pierpaolo Festa (Film.it):
Una delle peculiarità dei registi è quella di riuscire ad assemblare cast in stato di grazia, quello de “Il grinta”, però, è da Guinness dei primati, a partire dai personaggi secondari […] fino ad arrivare al solo e unico Jeff Bridges, nuovamente alle prese con un ruolo che non sarà mai dimenticato nella sua lunghissima filmografia. I duetti tra l’attore e la Steinfeld, che iniziano come scontri e finiscono per trasformarsi in un vero rapporto padre-figlia, sono il cuore del film [...]. Amicizia, onore, vita e morte, e l’orrore che si nasconde dietro l’angolo e che non esita a irrompere nelle nostre esistenze: i Coen catturano tutto, alzando improvvisamente i toni violenti ma anche cercando un’atmosfera epica, fotografata magistralmente da Roger Deakins (in particolare, le scene sotto la neve sono da brivido). Sequenza dopo sequenza, i Coen chiudono un altro capolavoro, rinunciando almeno un po’ alla follia del loro tocco, per mettercela tutta nella realizzazione di grande cinema.

Gianluca Arnone (Cinematografo):
La sensazione […] è che i due fratelli abbiano voluto rinverdire le gesta dello sceriffo dal grilletto facile, Rooster Cogburn detto “il Grinta”, a modo loro: affogando nel nichilismo la retorica della mitologia americana, livellando eroi e antieroi in misura delle loro miserie e dei loro peccati, condensando la narrazione non nei suoi momenti topici ma nelle azioni di raccordo, se non addirittura nei "tempi morti".

JOEL E ETHAN COEN - Minneapolis (Stati Uniti), 1954 e 1957
“I fratelli Coen hanno ottenuto ormai gli accrediti per far parte del Leaders Directory Club, quel gruppo di autori che devono essere visti. Esce un loro film ed è moda-obbligo-bene-opportuno-andare a vederlo; la categoria degli Allen, Stone, Wenders, Scorsese, Almodovar e (pochi) altri, per intenderci. Mentre altri Autori Viventi hanno mostrato, nelle ultime stagioni, segni di declino o addirittura difficoltà di identità, i Coen migliorano. Hanno molte frecce al loro arco. La prima è la scrittura: è molto difficile che un regista sappia anche scrivere bene. Quasi mai possiede lo spessore e la grana dello scrittore: forse non la possiedono a quel punto, ma ci si avvicinano. Di tutti i cineasti sono i più dotati. Il linguaggio: è attuale ed efficace, e ha una grande prerogativa, lo si vede poco. I fratelli non subiscono il ricatto comune a tanti registi contemporanei, del virtuosismo della macchina. Non si sentono in colpa se un’inquadratura è ferma. Non devono per forza scorazzare avanti, indietro, sopra e sotto fra luci e ombre sempre in movimento. Hanno trovato il miglior compromesso. Le storie: sono originali ma senza eccessi. Insomma, non lo sono ad ogni costo. Per gli Autori (del cinema, dei libri, della musica, dell'arte figurativa) è molto difficile esprimere qualcosa di nuovo. Gli spazi sono stati quasi tutti occupati da decenni. Dopo Degas nessuno ha più potuto dipingere ballerine o arlecchini dopo Picasso. Hitchcock ha il suo mondo esclusivo e riconoscibile, Fellini il suo, altri grandi il loro, non accettano intromissioni. Eppure i Coen si sono intromessi. Con discrezione e intelligenza. L’evoluzione: i Coen non si fermano sulle posizioni. Un po’ alla Kubrick. Fanno il thriller seguito dal (come si dice) demenziale, seguito dall'affresco (quasi) in costume. E sempre a salire, nella ricerca e nella qualità. Vediamo quanto resisteranno nel club-accademia” (Farinotti).
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