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Lunedì 21 Gennaio Registi europei
GIARDINI IN AUTUNNO
(Jardins en automne) di Otar Iosseliani - dur.115' Francia, Italia, Russia 2006
Con Severin Blanchet, Michel Piccoli, Muriel Motte, Pascal Vincent, Otar Iosseliani
A Parigi un potente ministro, Vincent, cade in disgrazia e viene sostituito da un altro, Theodiere, che subito cambia tutto nell’ufficio, dalla scrivania ai telefoni, ai posacenere. Vincent perde la moglie, l’amante, la casa, ma scopre la vita e il suo edonismo, mentre il suo successore conosce tempi bui.

Vincitore di 1 premio internazionale (+1 nominations).
GUARDA IL TRAILER
Così la critica:
Lietta Tornabuoni (La Stampa)
“Giardini in autunno” è un film incantevole e divertente, pienamente realizzato nello stile leggero, spiritoso e molto intelligente del regista settantaduenne, georgiano di nascita e parigino d’adozione. Parabola sull’avidità e sulla sete di potere, il film analizza pure l’ozio della vecchiaia. Le cose divertenti sono molte: venditori ambulanti italiani, lo stesso regista Iosseliani, pittore sui muri o sull’asfalto ma, soprattutto, bevitore d’osteria, molti neri, cinesi, mediorientali, pensionati stizzosi, animali, soprattutto folle di persone in manifestazioni di protesta.
Renato Venturelli (La Repubblica)
Iosseliani è un regista che dice di concepire il suo lavoro come un autore di partiture musicali o come un paziente tessitore di tappeti. I suoi film hanno pochi dialoghi e intrecci evanescenti, ma un senso calibratissimo del tempo. Il tutto raccontato per piccoli tocchi, che sembrano alludere a Bunuel, ma lo declinano secondo un umorismo un po’ moralista, raffinato e nostalgico.

Pierpaolo Simone (Mymovies)
L’autunno è il tempo dei rimpianti, rimpianti per il tempo perduto. Anche in autunno però si può ricominciare a vivere. Gustando tutto ciò che nel corso degli anni si è trascurato. Una favola dolce e ottimista, una metafora dell’avidità del potere e della riscoperta della semplicità.
IOSSELIANI Otar – Tbilisi, Georgia, 1934
Tra il 1959 e il 1965 dirige decine di corti per il Cinegiornale, quindi è attore e infine regista di mediometraggi. Fin da subito ha problemi con la censura: i suoi film sono bloccati per poi essere distribuiti in edizioni ridotte. Nel 1971 dirige ‘C’era una volta un merlo canterino’ che, presentato a Cannes quattro anni dopo, gli rende fama internazionale. Anche il successivo 'Pastorale' (1976) ha problemi di visto. Nel 1982 si rifugia in Francia dove dirige le sue tre successive opere, tutte premiate a Venezia: 'I favoriti della luna' (Premio speciale), 'Un incendio visto da lontano' (Gran Premio) e 'Briganti' (Premio speciale). Negli anni Novanta realizza ‘Caccia alle farfalle’ (1992) e ‘Addio terraferma’ ("una favola a tempo di valzer, surreale, grottesca, anarchica e interclassista, incantevole e pungente"). Nel 2002 si aggiudica a Berlino il premio per la migliore regia con 'Lunedì mattina’ e il riconoscimento "non poteva non andare a un film assolutamente libero. Libero da qualsiasi costrizione di sceneggiatura, capace di raccontare una storia tanto apparentemente assurda quanto profondamente vera, un film di un regista lieto di divertirci e di divertirsi senza farci smettere di pensare" (Zappoli).
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