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Lunedì 5 Maggio
IN QUESTO MONDO LIBERO
(It's a Free World…) di Ken Loach - Durata 93' UK, Ita., Ger., Spa. 2007
Con Kierston Wareing, Juliet Ellis, Leslaw Zurek, Joe Siffleet
Angie è una giovane londinese che all’ennesimo sgarbo del datore di lavoro decide di mettersi in proprio e di aprire un’agenzia di lavoro interinale insieme a Rose, la sua migliore amica. Ma i meccanismi e le tentazioni del libero mercato la coinvolgono al punto di mettere in crisi la propria personalità, trasformandola in un’affarista insensibile e senza scrupoli.

Vincitore di 3 premi internazionali (+4 nomination), tra cui:
· Mostra del cinema di Venezia 2007: Osella d'Oro per la Migliore Sceneggiatura
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Cosi la critica:
Giancarlo Zappoli (MyMovies)
Ken Loach è un regista che si potrebbe definire 'necessario'. Necessario perché a ogni film (sia che parli di Glasgow, di Irlanda o di Spagna nella guerra civile) ci ricorda che questo mondo, il nostro mondo occidentale, non è il paradiso ma, a differenza di altri che accettanno ciò come un dato di fatto ineludibile, lui pensa che qualcosa si possa fare. L' "I care/Mi riguarda" di kennediana memoria è per lui un imperativo categorico a cui va data attuazione.
La quasi debuttante Kierston Wareing gli offre un valido aiuto sfaccettando il suo personaggio e offrendogli quelle variazioni dal positivo al negativo che spingono lo spettatore ad alternare adesione e repulsione nei suoi confronti.
Loach afferma: "Lo sfruttamento è cosa nota a tutti. Quindi non si tratta di una novità. La cosa che ci interessa di più è sfidare la convinzione secondo la quale la spregiudicatezza imprenditoriale è l'unico modo in cui la società può progredire; l'idea che tutto sia merce di scambio, che l'economia debba essere pura competizione, totalmente orientata al marketing e che questo è il modo in cui dovremmo vivere. Ricorrendo allo sfruttamento e producendo mostri".
Angie è un 'mostro' che sembra non accorgersi di esserlo. In lei convivono il bisogno di riscatto, la generosità e la più fredda e letale determinazione. È una donna che vuole sfondare in un territorio tipicamente maschile finendo con il fare proprie le caratteristiche più negative dell'altro sesso. Quasi come se Loach sentisse su di sé la differenza di approccio generazionale alle problematiche sociali le offre (grazie alla scrittura del suo più che fedele sceneggiatore Paul Laverty) uno specchio in cui riflettersi: l'anziano padre che, vedendola all'opera, non può non dirle: "Stiamo tornando ai vecchi tempi"? Ai vecchi tempi si usavano termini come sfruttamento, riduzione in schiavitù, proletariato. Oggi tutto è molti più soft. Il lavoro è 'interinale'. I contratti sono 'a termine'. Ma la realtà è ancora, dolorosamente quella.
Morando Morandini (Film TV)
In questo film dal titolo sarcastico c'e qualcosa che mi sembra inoppugnabile: la sua forza trainante è Angie, la protagonista. L'ha inventata lo sceneggiatore Paul Laverty dopo una lunga inchiesta sul campo. L'ha messa in immagini e diretta il settantenne Ken Loach, coerente con la sua lucida rabbia in corpo che, dopo l'ingresso nell'alta età, si è tinta di pessimismo. (Spesso, però, un pessimista è soltanto un ottimista più informato degli altri). L'ha impersonata la sconosciuta Kierston Wareing (1975) che, se non fosse stato per la Blanchett di Io non sono qui, probabilmente avrebbe vinto la Coppa Volpi alla 64° Mostra di Venezia: la sua è un'esemplare recitazione in "full immersion", per empatia. In ogni modo l'avrebbe meritata. E se la sua forza fosse anche il limite del film? Molti tra i critici/spettatori dei Lido l'hanno insinuato. Non sono d'accordo. Nell'hinterland di Londra Angie è una trentenne ragazza madre (figlio di 11 anni) che tracima energia passionale, capacità imprenditoriali, ambizioni frustrate. Decisa a mettersi in proprio con un'agenzia semiclandestina ed esentasse di collocamento per lavoratori neocomunitari o extracomunitari, s'associa all'amica Rose, più colta di lei ed esperta di amministrazione. Tipico prodotto dell'era liberista di Mrs. Thatcher, si arricchisce sfruttando i lavoratori precari. Quando Rose glielo rinfaccia, replica: «Lo fanno tutti». Quello di Loach non è un altro film sull'immigrazione. Tema centrale è il lavoro saltuario, a termine, (flessibile) nel mondo della "deregulation" e della globalizzazione Il sistema delle agenzie di reclutamento, l'uso degli appalti, fornitori esterni, lunghe catene di contratti a termine nasconde e facilita una nuova forma invisibile di schiavismo in cui sono puniti per legge i lavoratori, costretti a chinare la testa a bocca chiusa, non chi li sfrutta. Laverty e Bach non giudicano Angie, cosa amabile e spietata, ma il sistema in cui prospera. Infine In questo mondo libero.., è anche, in suo figlio Jamie, un racconto di formazione che apre uno spiraglio sull'avvenire. Musica funzionale di George Fenton, basata sulla viola e il sax.
LOACH, Ken - Nuneaton, Gran Bretagna, 1936
Studia ad Oxford dal 1957 al 1960. Comincia la carriera lavorando in produzioni televisive, per debuttare sul grande schermo alla fine degli anni '60. Alterna la produzione cinematografica alla cooperazione regolare con il Northampton Repertory Theatre. E' solo negli anni '90 che il suo nome si afferma nel mondo del cinema. Esordisce con il bruciante Poor Cow (1967), storia di una ragazza coraggiosa che si oppone alla degradazione dell’ambiente in cui vive. Prosegue con Kes (1969), accorata storia di un ragazzo nello Yorkshire oppresso dalla crisi economica, e con Family Life (1971), indagine su un caso di schizofrenia provocata dall’oppressione dei genitori. Con la BBC il lavoro intanto diventa, per un intransigente come Loach, difficile: alcuni film girati non sono trasmessi, altri sono rifiutati, altri bollati con l’accusa di alterare la realtà di fatto. Anche sul terreno del cinema questo è un periodo di crisi: i film che riesce a
realizzare non raggiungono, per quanto efficaci nella costruzione, il pubblico. Occorre attendere gli anni ’90 per assistere a una inversione di tendenza. Dopo una precisa inchiesta sulla situazione nordirlandese (Hidden Agenda, 1990, un thriller politico di grande forza), riceve a Cannes il Gran premio della Giuria per Riff-Raff (1991), una dura tragicommedia di vita operaia e disoccupazione che finalmente rivela anche al grande pubblico un regista esemplare. I successivi Piovono pietre (1992), Ladybird, Ladybird (1993), Terra e libertà (1994) e My name is Joe (1998) confermano il valore del regista e ribadiscono il successo di critica e di pubblico". Il successivo 'Bread and Roses' (2000) è il primo film diretto da Loach negli Stati Uniti, terra di conflitti e patria dell'immigrazione. Questa volta la giusta causa sono i soprusi contro i cosiddetti Janitors (gli addetti alle pulizie delle grandi imprese di LA) e se la realtà è un'altra, la questione sembra rimanere sempre la stessa: l'invisibilità dell'individuo, oppresso, fruttato, sopraffatto. Nonostante il tema, è un film impegnato ma allegro, critico ma divertente, melodrammatico, ma con il contrappunto del politico che penetra nel privato. Condita con l'ironia, la dialettica realtà/finzione (cronaca/romanzo) è una costante del cinema di Loach. Dopo tanto girovagare, con 'The Navigators’ (Paul, Mick e gli altri, 2001) Loach torna al suo cinema aspro, problematico, anticonsolatorio, raccontandoci, con lievità ed ironia, la vita di un gruppo di addetti alla manutenzione delle ferrovie britanniche. Nel 2002 partecipa al film collettivo '11 settembre 2001', undici sguardi che destrutturano un evento (l’attentato alle Torri Gemelli) e invitano a declinarlo in modi completamente diversi, anche contraddittori. Lo stesso anno lo vede realizzare 'Sweet Sixteen', la "visione disperante della Gran Bretagna (e del mondo occidentale) di Loach e del fedele Paul Laverty. Dramma sociale senza contaminazioni ideologiche, verismo toccante e un giovane interprete che fa venire i brividi. Nel raccontare in ‘Ae fond kiss’ (2004, Un bacio appassionato) la storia d’amore tra una cattolica (orfana e irlandese) e un immigrato pakistano di seconda generazione (dilaniato tra l’adesione ai valori patriarcali e i desideri acquisiti), Loach "abbandona la retorica politica che aveva caratterizzato la maggior parte della sua recente produzione e torna a parlare di uomini e di donne, delle loro ansie, della loro precarietà affettiva in un melodramma di rara intensità" (Termenini). Con 'Il vento accarezza l'erba' (2006, Palma d'oro a Cannes) Loach racconta con lucida passione - attraverso il tragico destino di due fratelli rivali - la guerra che negli anni Venti gli irlandesi combatterono contro gli odiati inglesi e che portò al discusso trattato che divise l'isola in due. Con 'In questo mondo libero' (2007) Loach torna ai suoi temi preferiti e disegna il ritratto di una giovane donna che, ingiustamente licenziata, si mette in proprio e si specializza nello sfruttamento degli immigrati.
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